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Exhibitions

VV8artecontemporanea

sabato 5 ottobre 2019

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Arcangelo & Anton Zoran Mušič

Nel paesaggio il vuoto

VV8artecontemporanea è lieta di ospitare nel suo spazio espositivo di Reggio Emilia "Nel paesaggio il vuoto” opere di Arcangelo e Anton Zoran Mušič, l’esposizione inaugurerà sabato 5 ottobre alle ore 18.00.

Vernissage

sabato 5 ottobre 2019

16:00

Esposizione

5 ott 2019

al

17 nov 2019

VV8artecontemporanea

Via dell’Aquila, 6/c - Reggio Emilia

Catalog
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Video
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­VV8artecontemporanea è lieta di ospitare nel suo spazio espositivo di Reggio Emilia "Nel paesaggio il vuoto ” opere di Arcangelo e Anton Zoran Mušič. L’esposizione inaugurerà sabato 5 ottobre alle ore 18.00.

All’interno dello spazio espositivo i due artisti "dialogano" metaforicamente attraverso la loro arte, un’arte che parla della loro terra e del sentimento di appartenenza a essa, un’arte colma di storia personale e delle vicende storiche avvenute nei luoghi da essi vissuti. L’esposizione propone dipinti e disegni su carta in un percorso pregno di effluvi terrestri e di quel petricore che resta attaccato addosso, la cui presenza è veramente intensa in ogni opera. Lo spazio si riempie di geosmina, dell’odore di quella terra calpestata e vissuta dai due artisti ora privatamente, ora nel suo aspetto più collettivo, con richiami e rimandi al background storico, culturale e sociale.

 

Le opere di Mušič risalgono agli anni ’60, periodo cronologicamente centrale della sua carriera artistica. Le tele, così come i disegni, oscillano tra i toni scuri della terra bruciata e le chiare evanescenze, sfumature impressionistiche, rappresentazioni atmosferiche che emanano il profumo della desolazione: il paesaggio, sia quello rappresentato, sia quello reale, si fa specchio della solitudine che pervade l’artista ma che è condizione comune ad ogni uomo. È un paesaggio introspettivo, intriso di un sentimento privato eppure comune, ma vissuto da ogni testimone in maniera del tutto personale: la guerra, il dramma dell’olocausto, hanno segnato indelebilmente l’artista che non può divincolarsi dal terribile ricordo del campo di concentramento e della morte. Scrive Kosme De Barañano: «L’opera di Mušič è una successione di singoli dipinti che formano una galleria dell’emarginazione, quella degli uomini privati della loro identità, e una sequenza di immagini raffiguranti un territorio consumato dal vento o dal semplice scorrere del tempo. […] Registra, come un notaio, ciò che il tempo scolpisce giorno dopo giorno. […] La rappresentazione è un dialogo basato su una finzione: la pretesa del realismo figurativo di restituire il “tempo reale”. […] quella di Mušič è una riflessione visiva sulla figura sfigurata, non soltanto convertita in ombra espressiva, ma soprattutto erosa, in fuga da se stessa.»

 

Arcangelo ci racconta lo stretto rapporto con la sua regione d’origine, il meridione italico, con i suoi misteri, i suoi rituali, il suo popolo. I cicli presenti in mostra, Tappeti Persiani (1999) e Sanniti (2003-2004), diventano il pretesto con cui l’artista, attraverso le immagini, può parlare dell’appartenenza al territorio. La terra è qui narrata non tramite la rappresentazione del paesaggio, ma con una sorta di simbologia o scrittura, fatta di segni, poiché la natura è da intendersi come madre generatrice, sfondo di vicende storiche, sempre presente ma coprotagonista. La gestualità con cui l’artista dipinge, conferisce alle opere una potenza primordiale e istintuale, il gesto arricchisce di movimento.  Le forme non hanno valore in sé ma forza evocativa: sono archetipi che rispecchiano l’anima della terra, oggetti universalmente validi ad esprimere in senso generale la cultura, la religione, i misteri e le credenze pagane che sono diverse e identiche alle più ancestrali comunità di tutto il mondo. Come nelle opere di Mušič, anche in quelle di Arcangelo lo spazio e il tempo sono sospesi; gli elementi, gli oggetti, sono sempre in primo piano ma in uno spazio privo di profondità. La pittura è introspettiva e allo stesso tempo a contatto con la quotidianità. Il colore rispecchia l’emotività, la gamma cromatica è ristretta a tonalità calde con rimandi alla terra. Ciò di cui Arcangelo ci parla, sono culture diverse ma che camminano parallelamente. Scrive Ivan Quaroni: «…le prime tele dei Sanniti resuscitano l’idea di una classicità italica cruda e barbarica, ma rimescolata con reminiscenze della cultura cristiana e pagana popolare, sempre all’insegna di una re-interpretazione moderna delle radici del proprio patrimonio mnemonico. Per Arcangelo la storia non è un serbatoio cronologicamente ripartito, scientemente ordinato, ma un accumulo di sovrapposizioni in cui simboli e segni di età diverse convivono fianco a fianco, come elementi di un unico e vitale substrato culturale.»


L’esposizione sarà visitabile fino al 17 novembre 2019, da martedì a sabato ore 10.00-13.00 e 16.30-19.30, oppure su appuntamento. Per informazioni: tel. 0522 432103.


Anton Zoran Mušič nasce a Gorizia nel 1909. Nel 1934 inizia i suoi studi artistici presso l’Accademia di Belle Arti di Zagabria. Durante il decennio si dedica a viaggi in Europa tra Parigi, Madrid, Vienna e Zurigo fino a quando, nel 1940, si stabilisce a Venezia. Con la Seconda Guerra mondiale vive l’esperienza dell’olocausto sulla propria pelle: nel 1943, infatti, viene deportato nel campo di concentramento di Dachau, accusato di collaborazionismo dalla Gestapo. Una volta liberato, l’artista torna a Venezia nel 1945 dove riprende a dipingere, influenzato dal paesaggio circostante e dai mosaici e dalle icone bizantine presenti nell’ambiente veneziano.  Espone per la prima volta alla Biennale nel 1956, e successivamente nel 1960 e nel 1984. Dagli anni ‘60 le sue composizioni diventano più astratte e bidimensionali. Nel 1971 nasce la nuova importante serie "Nous ne sommes pas les derniers" in cui l’artista riversa la sua esperienza della guerra documentando la tragedia della prigionia nel campo di concentramento, tele dipinte a olio raffiguranti per lo più i cadaveri, suoi indelebili ricordi. Nel 1985 espone al Museo Correr a Venezia, e nel 1987 Centre Pompidou di Parigi. Riceve importanti premi e riconoscimenti. Partecipa a molte esposizioni internazionali e le sue opere sono oggi conservate nei più prestigiosi musei del mondo quali il MoMA di New York, il Centre Pompidou di Parigi, il Metropolitan Museum of Art, il Kunstmuseum di Basilea,la Galleria Nazionale di Ljubljana, e in Italia Cà Pesaro a Venezia, MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna e la Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo. Muore a Venezia nel 2005.

 

Arcangelo Esposito, in arte Arcangelo, nasce nel 1956 ad Avellino. Vive la sua infanzia e adolescenza a Benevento, città che, crocevia di culture, pregna dell’eredità lasciata da bizantini e longobardi, gioca un ruolo primario e fondamentale nella sua formazione artistica e culturale. Qui frequenta il liceo artistico, studente di Luigi Mainolfi, Enzo Esposito e Mimmo Palladino. Nel 1976 si sposta a Roma per studiare all’Accademia di Belle Arti e, una volta diplomato, si trasferisce a Milano nel 1981. In Italia sono gli anni della Transavanguardia, movimento a cui però Arcangelo non prende mai parte pur praticando la pittura; le sue opere, anzi, risultano essere concettualmente più vicine all’arte povera, anche per l’utilizzo di terre, pigmenti puri e dei colori bianco e nero. La prima mostra personale, tenutasi nel 1984 presso la Galleria Tanit a Monaco di Baviera, intitolata Terra Mia, presenta fin da subito quello che sarà il motivo ricorrente in tutta l’opera di Arcangelo, ovvero la tematica dell’appartenenza alla terra natia. Fino alla fine degli anni ’80 partecipa a mostre, personali e collettive, tra Basilea, Monaco, Colonia, Francoforte, Milano e Roma. Nel 1990 la sua pittura viene influenzata da un viaggio in Africa, da cui nasce il ciclo Lobi-Dogon esposto al Kunstverein di Bonn nel 1991, ed espone successivamente in Europa, soprattutto Italia e Francia, e in Giappone. Nel 1996 dipinge il ciclo dei Misteri, anch’esso esposto alle Teint di Monaco. Non immune al fascino orientale, nel 1998 inizia un ciclo di opere intitolato Verso Oriente. Nel 1999 vince il Premio Suzzara  ed inizia la serie dei Tappeti Persiani. Negli anni 2000 torna a parlare della sua terra coi cicli Feticci e Sanniti, ed espone nelle gallerie di Monaco, Milano e Helsinki, alternando nuovamente con opere di stampo africano. Nell’ultimo decennio si dedica maggiormente al disegno con opere che affrontano molteplici tematiche, con mostre a Beirut, Bologna, Milano, Verona e Roma e riceve nel 2015 il 56° Premio Internazionale Bugatti-Segantini alla Carriera.


SCHEDA TECNICA :

Arcangelo & Anton Zoran Mušič  Nel paesaggio il vuoto

In collaborazione con Lorenzelli Arte Milano

Comunicato stampa: Silvia Nonaizzi

Foto: Fabrizio Cicconi

Date: 5 ottobre – 17 novembre 2019

Orari: da martedì a sabato ore 10.00-13.00 e 16.00-19.30, oppure su appuntamento

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